domenica 21 novembre 2010

Con Amici Come Questi

di TOM HODGKINSON - The Guardian



Facebook ha 59 milioni di utenti - e due milioni di nuovi iscritti ogni settimana. Ma tra questi non

troverete Tom Hodgkinson che rilascia volontariamente i propri dati personali; non ora che conosce la
politica delle persone che stanno dietro questo sito di social networking.

Io disprezzo Facebook. Questa azienda statunitense di enorme successo si descrive come «un servizio che
ti mette in contatto con la gente che ti sta intorno». Ma fermiamoci un attimo. Perché mai avrei bisogno
di un computer per mettermi in contatto con la gente che mi sta intorno? Perché le mie relazioni sociali
debbono essere mediate dalla fantasia di un manipolo di smanettoni informatici in California? Che ha di
male il baretto?

E poi, Facebook mette davvero in contatto la gente? Non è vero invece che ci separa l'uno dall'altro, dal
momento che invece di fare qualcosa di piacevole come mangiare, parlare, ballare e bere coi miei
amici, mando loro soltanto dei messaggini sgrammaticati e foto divertenti nel ciberspazio, inchiodato alla
scrivania? Un mio amico poco tempo fa mi ha detto di aver trascorso un sabato notte a casa da
solo su Facebook, bevendo seduto alla sua scrivania. Che immagine deprimente. Altro che mettere in
contatto la gente, Facebook ci isola, fermi nel posto di lavoro.

Per di più, Facebook fa leva, per così dire, sulla nostra vanità e autostima. Se carico una mia foto che
ritrae il mio profilo migliore, e assieme metto una lista delle cose che mi piacciono, posso costruire
una rappresentazione artificiale di me stesso, con lo scopo di essere sessualmente attraente e di
guadagnarmi l'altrui approvazione. («Mi piace Facebook», mi ha detto un altro amico. «Mi ha fatto
trombare»).

Incoraggia inoltre una inquietante competitività intorno all'amicizia: sembra che nell'amicizia oggi conti la
quantità, e la qualità non sia affatto considerata. Più amici hai, meglio sei. Sei "popolare", nel
senso che i liceali statunitensi amano tanto. A riprova di ciò sta la copertina della nuova rivista su
Facebook dell'editore Dennis Publishing: «Come raddoppiare la tua lista di amici».

Sembra, però, che io sia piuttosto solo nella mia ostilità. Mentre scriviamo, Facebook sostiene di avere 59
milioni di utenti attivi, compresi 7 milioni dal Regno Unito, la terza nazione per numero di clienti dopo gli
Usa e il Canada. Cinquantanove milioni di babbei, che hanno dato tutti volontariamente le informazioni
della propria carta d'identità e le proprie scelte di consumatore a un'azienda statunitense che non
conoscono. Due milioni di persone si iscrivono ogni settimana. Se proseguirà all'attuale volume di crescita,
Facebook supererà i 200 milioni di utenti attivi nello stesso periodo dell'anno prossimo. E personalmente

prevedo che, anzi, il suo volume di crescita subirà un'accelerazione nei mesi venturi. Come ha dichiarato il
portavoce di Facebook Chris Hughes: «[Facebook] ha raggiunto una tale integrazione che è difficile
sbarazzarsene».

Tutto ciò sarebbe sufficiente a farmi rifiutare Facebook per sempre. Ma ci sono altre ragioni per odiarlo.

Molte altre ragioni. Facebook è un progetto ben foraggiato, e le persone che stanno dietro il

finanziamento, un gruppo di capitalisti "di rischio" della Silicon Valley, hanno un'ideologia ben congegnata
che sperano di diffondere in tutto il mondo. Facebook è una delle manifestazioni di questa ideologia.

Come Paypal prima di esso, è un esperimento sociale, un'espressione di un particolare tipo di liberalismo
neoconservatore.

Su Facebook puoi essere libero di essere chi vuoi, a patto che non ti dia fastidio essere bombardato da
pubblicità delle marche più famose al mondo. Come con Paypal, i confini nazionali sono una cosa ormai
obsoleta. Malgrado il progetto sia stato concepito inizialmente dalla star da copertina Mark Zuckerberg, il
vero volto che sta dietro Facebook è il quarantenne venture capitalist della Silicon Valley e filosofo
"futurista" Peter Thiel. Ci sono soltanto tre consiglieri di amministrazione per Facebook, e sono Thiel,
Zuckerberg e un terzo investitore che si chiama Jim Breyer, che proviene da un'azienda di venture capital,
la Accel Partners (di lui parleremo più avanti). Thiel investì 500 mila dollari in Facebook quando gli
studenti di Harvard Zuckerberg, Chris Hughes e Dustin Moskowitz lo incontrarono a San Francisco nel
giugno del 2004, non appena fecero partire il sito. Thiel, secondo la stampa, oggi possiede il 7 per cento
di Facebook, quota che, secondo l'attuale stima del valore dell'azienda di 15 miliardi di dollari, vale più di
un miliardo. Chi siano esattamente i cofondatori originali di Facebook è controverso, ma chiunque siano,
Zuckerberg è l'unico rimasto nel consiglio d'amministrazione, malgrado Hughes e Moskowitz lavorino
ancora per l'azienda. Thiel è considerato da molti nella Silicon Valley e nel mondo del
venture capital a stelle e strisce come un genio del liberismo. È il cofondatore e amministratore delegato
del sistema bancario virtuale Paypal, che vendette a Ebay per un miliardo e mezzo di dollari,
tenendo per sé 55 milioni. Gestisce anche un hedge fund da 3 miliardi di euro, il Clarium Capital
Management, e un fondo di venture capital, Founders Fund. La rivista Bloomberg Markets l'ha
recentemente descritto come «uno dei manager di hedge fund più di successo del paese». Ha fatto i soldi

scommettendo sul rialzo del prezzo del petrolio e azzeccando la previsione che il dollaro si sarebbe
indebolito. Lui e i suoi straricchi compagni della Silicon Valley sono stati recentemente etichettati come
"La mafia di Paypal" dalla rivista Fortune, il cui cronista ha notato anche che Thiel ha un maggiordomo
in livrea e una supercar della McLaren da 500 mila dollari. Thiel è anche un campione di scacchi ed ama la
competizione. Si dice che una volta dopo aver perso una partita, in un accesso d'ira, abbia gettato
a terra tutte le pedine. E non si scusa per la sua iper-competitività: «Un buon perdente resta sempre un
perdente».

Ma Thiel è più di un semplice capitalista scaltro e avido. Infatti è anche un filosofo "futurista" e un
attivista neocon. Filosofo laureato a Stanford, nel 1998 fu tra gli autori del libro The Diversity Myth
[Il Mito della Diversità, ndt], un attacco dettagliato all'ideologia multiculturalista e liberal che dominava
Stanford. In questo libro sosteneva che la "multicultura" portava con sé una diminuzione delle
libertà personali. Da studente di Stanford, Thiel fondò un giornale destrorso, che esiste ancora, la
Stanford Review, il cui motto è Fiat Lux ("Sia la luce"). Thiel è membro di TheVanguard.org, un gruppo di
pressione neoconservatore basato su internet, nato per attaccare MoveOn.org, gruppo di pressione liberal
attivo sul web. Thiel si dichiara «estremamente libertario». TheVanguard è gestito da un certo Rod D.
Martin, capitalista-filosofo molto ammirato da Thiel. Sul sito, Thiel dice: «Rod è una delle menti
di spicco nel nostro paese per quanto riguarda la creazione di nuove e necessarie idee sulle politiche

pubbliche. Ha una comprensione dell'America più completa di quella che hanno della propria azienda
molti amministratori delegati». Il piccolo assaggio che segue, preso dal loro sito, vi darà l'idea della loro
visione del mondo: «TheVanguard.org è una comunità online che crede nei valori conservatori, nel libero
mercato e nella limitazione del governo come gli strumenti migliori per portare speranza e opportunità
sempre maggiori per tutti, specie per i più poveri fra noi». Il loro scopo è quello di promuovere linee
politiche che «diano nuova forma all'America e al mondo intero». TheVanguard descrive le proprie
politiche come «reaganiane-thatcheriane». Il messaggio del presidente recita così: «Oggi daremo a
MoveOn [il sito liberal], a Hillary e ai media di sinistra una lezione che non si aspetterebbero mai».

Non ci sono dubbi sulle idee politiche di Thiel. Ma qual è la sua filosofia? Sono andato ad ascoltarmi, in un
podcast, un discorso di Thiel circa le sue idee sul futuro. La sua filosofia, in breve, è
questa: fin dal XVII secolo, alcuni pensatori illuminati hanno strappato il mondo dalla sua antiquata vita
legata alla natura - e qui cita la famosa descrizione fatta da Thomas Hobbes della vita come
«meschina, brutale e breve» - per portarlo verso un nuovo mondo virtuale nel quale la natura è
conquistata. Il valore è ora assegnato alle cose immaginarie. Thiel afferma che PayPal è nato proprio da
questa credenza: che si possa trovare valore non in oggetti concreti fatti da mano d'uomo, ma in relazioni
fra esseri umani. Paypal è un modo di spostare denaro in giro per il mondo senza limitazioni.

Bloomberg Markets la pone così: «Per Thiel, PayPal significa libertà: permetterebbe alla gente di scansare
i controlli sulla valuta e spostare denaro in giro per il mondo».

Chiaramente, Facebook è un altro esperimento iper-capitalista: si possono ricavare soldi dall'amicizia? Si
possono creare comunità libere dai confini nazionali, e poi vendere loro Coca Cola? Facebook
non è per niente creativo. Non produce assolutamente nulla. Tutto quello che fa è mediare relazioni che
si sarebbero allacciate in ogni caso.

Il mentore filosofico di Thiel è un certo René Girard dell'università di Stanford, ideatore di una teoria del
comportamento umano chiamata "desiderio mimetico". Girard ritiene che le persone siano essenzialmente
come pecore e si imitino l'una con l'altra senza pensarci troppo su. La teoria sembra essere provata anche
nel caso dei mondi virtuali di Thiel: l'oggetto desiderato è irrilevante; è sufficiente soltanto che gli esseri
umani abbiamo la tendenza a muoversi in greggi. Da qui derivano le bolle finanziarie. Da qui deriva
l'enorme popolarità di Facebook. Girard è un habitué delle serate intellettuali di Thiel. Tra l'altro, una
cosa che non potrete trovare nella filosofia di Thiel sono gli antiquati concetti che appartengono al mondo
reale, come Arte, Bellezza, Amore, Piacere e Verità.
Internet è un'immensa attrattiva per i neocon come Thiel, perché promette, in un certo senso, libertà
nelle relazioni umane e negli affari, libertà dalle noiose leggi nazionali, dai confini nazionali e da altre
cose di questo genere. Internet apre un mondo di espansione per il libero mercato e per il laissez-faire.

Thiel sembra approvare anche i paradisi fiscali offshore, e sostiene che il 40 per cento della ricchezza
mondiale si trova in posti come Vanuatu, le isole Cayman, Monaco e le Barbados. Penso sia giusto dire che
Thiel, come Rupert Murdoch, è contrario alle tasse. Gli piace anche la globalizzazione della cultura
digitale, perché rende quasi inattaccabili i padroni delle banche: «I lavoratori non possono fare una
rivoluzione per impossessarsi di una banca, se quella banca ha sede a Vanuatu», dice.

Se la vita del passato era meschina, brutale e breve, Thiel vuole rendere la vita del futuro molto più
lunga, investendo a questo fine in un'azienda che esplora tecnologie per allungare la vita. Ha
promesso tre milioni e mezzo di sterline a un gerontologo di Cambridge, Aubrey de Grey, che sta cercando
la chiave dell'immortalità. Thiel è anche membro del collegio dei consulenti di qualcosa come il
Singularity Institute for Artificial Intelligence. Nel suo fantastico sito internet, si trovano le seguenti
parole: «La Singularity è la creazione tecnologica di un'intelligenza superiore a quella umana. Ci sono
parecchie tecnologie [...] che vanno in questa direzione [...] l'Intelligenza Artificiale [...] interfacce che
collegano direttamente computer e cervello [...] ingegneria genetica [...] differenti tecnologie che, se
raggiungessero una certa soglia di complessità, permetterebbero la creazione di un'intelligenza superiore
a quella umana».

Per sua stessa ammissione, quindi, Thiel sta cercando di distruggere il mondo reale, da lui chiamato anche
"natura", e di installare al suo posto un mondo virtuale. Ed è in questo contesto che dobbiamo vedere
il successo di Facebook. Facebook è un esperimento volto deliberatamente alla manipolazione mondiale, e
Thiel è un brillante personaggio del pantheon neoconservatore con un debole per incredibili fantasie
"tecno-utopiche". E io non voglio aiutarlo a diventare più ricco.

Il terzo membro del consiglio di amministrazione di Facebook è Jim Breyer. È parte della ditta di venture
capital Accel Partners, che ha messo 12 milioni e 700 mila dollari per il progetto Facebook nell'aprile
2005. Oltre a essere membro di questi giganti statunitensi, della stessa caratura di Wal-Mart e Marvel
Entertainment, è anche ex presidente della National Venture Capital Association (NVCA). Sono queste le
persone che hanno successo in America, perché investono in nuovi e giovani talenti, come Zuckerberg.

La più recente raccolta di finanziamenti di Facebook fu portata avanti da un'azienda, la Greylock Venture
Capital, che fornì 27 milioni 500 mila dollari. Uno dei più vecchi soci di Greylock è Howard Cox, altro ex
presidente della NVCA, e membro del CdA di In-Q-Tel. Che cos'è In-Q-Tel? Beh, che ci crediate o no
(andatevi a vedere il suo sito), è la costola della Cia nel capitale di rischio. Dopo l'Undici Settembre,
la comunità dei servizi segreti Usa divenne così entusiasta delle possibilità della nuova tecnologia e delle
innovazioni del settore privato, che nel 1999 costituì il proprio fondo di capitale di rischio, l'In-Q-Tel, che
«identifica e collabora con le aziende che sviluppano tecnologie all'avanguardia, per aiutare a rilasciare
questi ritrovati alla Central Intelligence Agency e alla più vasta US Intelligence Community (IC) al fine di promuovere la loro missione»*.

Il dipartimento della difesa statunitense e la Cia amano la tecnologia perché rende lo spionaggio più
facile. «Abbiamo bisogno di trovare nuovi modi per dissuadere i nuovi avversari», disse nel 2003 il
segretario della Difesa Donald Rumsfeld. «Dobbiamo fare il salto nell'era dell'informatica, che costituisce
le fondamenta essenziali dei nostri sforzi di cambiamento». Il primo presidente di In-Q-Tel fu Gilman

Louie, che sedette nel CdA di NVCA assieme a Breyer. Un'altra figura chiave nel team di In-Q-Tel è Anita
K. Jones, ex direttrice della sezione ricerca e ingegneria del dipartimento della Difesa, e, assieme a
Breyer, membro del CdA di BBN Technologies. Quando abbandonò il dipartimento della Difesa, il senatore
Chuck Robb le fece questo omaggio: «Lei ha unito tecnologia e comunità militari operative per dare vita a
piani dettagliati con il fine di sostenere il dominio Usa sui campi di battaglia del prossimo secolo».

Ora, anche se non si accetta l'idea che Facebook sia una specie di estensione del programma imperialistico
statunitense incrociata con uno strumento per raccogliere immense quantità d'informazioni, non si può in
nessun modo negare che, come affare, sia davvero geniale. Qualche smanettone online ha fatto intendere
che la sua valutazione di 15 miliardi di dollari sia eccessiva, ma io direi semmai che è troppo contenuta.

La sua grandezza dà le vertigini, e il potenziale di crescita è virtualmente infinito. «Vogliamo che tutti
siano in grado di usare Facebook», dice l'impersonale voce del Grande Fratello sul sito. E penso proprio
che lo faranno. È l'enorme potenziale di Facebook che spinse Microsoft a comprarne l'1,6 per cento per
240 milioni di dollari. Recentemente circolano voci secondo cui un investitore asiatico, Lee Ka-Shing, il
nono uomo più ricco della terra, abbia comprato lo 0,4 per cento di Facebook per 60 milioni di dollari.

I creatori del sito non fanno altro che giocherellare col programma. In genere, stanno seduti con le mani
in mano a guardare milioni di "drogati" di Facebook fornire di spontanea volontà i dettagli della loro carta
d'identità, le loro foto e la lista dei loro oggetti di consumo preferiti. Ricevuto questo smisurato database
di esseri umani, Facebook vende semplicemente le informazioni agli inserzionisti, o, come ha detto
Zuckerberg in uno degli ultimi post sul blog, «cerca di aiutare le persone a condividere informazioni con i

loro amici riguardo alle cose che fanno sul web». Ed è infatti proprio ciò che accade. Il 6 novembre dello
scorso anno, Facebook annunciò che 12 marchi mondiali erano saliti a bordo. Tra essi, c'erano Coca Cola,

Blockbuster, Verizon, Sony Pictures e Condé Nast. Ben allenati in stronzate da marketing di altissimo
livello, i loro rappresentanti gongolavano con commenti come questo: «Con Facebook Ads, i nostri marchi
possono diventare parte del modo di comunicare e interagire degli utenti su Facebook», disse Carol Kruse
vicepresidente della sezione marketing interattivo globale, gruppo Coca Cola.

«È un modo innovativo di far nascere e crescere relazioni con milioni di utenti di Facebook permettendo
loro di interagire con Blockbuster in maniera conveniente, pertinente e divertente», disse Jim Keyes,
presidente e amministratore delegato di Blockbuster. «Ciò va al di là della creazione di pubblicità efficaci.

Si tratta piuttosto della partecipazione di Blockbuster alla comunità dei consumatori, cosicché,

in cambio, i consumatori si sentano motivati a condividere i vantaggi del nostro marchio con gli amici».

"Condividere" è la parola in lingua di Facebook che sta per "pubblicizzare". Chi si registra a Facebook
diventa un girovago che parla delle reclame di Blockbuster o della Coca Cola, e tesse le lodi di questi
marchi agli amici. Stiamo assistendo alla mercificazione delle relazioni umane, l'estrazione di valore
capitalistico dall'amicizia.

Ora, in confronto a Facebook, i giornali, per esempio, come modello d'impresa, sembrano disperatamente
fuori moda. Un giornale vende spazi pubblicitari alle imprese che cercano di vendere la loro roba ai
lettori. Un sistema che è però molto meno complesso di quello di Facebook. E questo per due ragioni. La
prima è che i giornali debbono sopportare fastidiose spese per pagare i giornalisti che forniscono
contenuti. Facebook, invece, i contenuti li ha gratis. La secondo è che Facebook può calibrare la
pubblicità con una precisione infinitamente superiore rispetto a un giornale. Se, per esempio, si
dice su Facebook di amare il film This Is Spinal Tap, quando uscirà nei cinema un film simile, state pur
sicuri che vi terranno informati. Mandandovi la pubblicità.

È vero che Facebook ultimamente è stato nell'occhio del ciclone per il suo programma di pubblicità
Beacon. Agli utenti veniva recapitato un messaggio che diceva che i loro amici avevano fatto acquisti in un
certo negozio online. Furono 46 mila gli utenti a reputare questo tipo di pubblicità troppo invasiva, tanto
che giunsero a firmare una petizione dal titolo «Facebook, smettila di invadere la mia privacy!».

Zuckerberg si scusò nel blog aziendale, scrivendo che il sistema era ora cambiato da "opt out" [1] a "opt in"
2]. Io ho il sospetto però che questa piccola ribellione per essere stati così spietatamente
mercificati sarà presto dimenticata: dopotutto, ci fu un'ondata di protesta nazionale da parte del
movimento delle libertà civili quando si dibatté nel Regno Unito l'idea di una forza di polizia a metà del
XIX secolo.

E per di più, voi utenti di Facebook avete mai letto davvero l'informativa sulla privacy? Ti dice che non è
che di privacy ne hai poi molta. Facebook fa finta di essere un luogo di libertà, ma in

realtà è più simile a un regime totalitario virtuale mosso dall'ideologia, con una popolazione che molto
presto sarà superiore a quella del Regno Unito. Thiel e gli altri hanno dato vita al loro

paese, un paese di consumatori.

Ora, voi, come Thiel e gli altri nuovi signori del ciberuniverso, potreste reputare questo esperimento
sociale tremendamente eccitante. Ecco qui finalmente lo Stato illuminista desiderato ardentemente fin
dal tempo in cui i Puritani, nel XVII secolo salparono verso l'America del Nord. Un mondo dove tutti sono
liberi di esprimersi come vogliono, a seconda di chi li sta guardando. I confini nazionali sono un'anticaglia.

Tutti ora fanno capriole insieme in uno spazio virtuale dove ci si può esprimere a ruota libera. La natura è
stata conquistata attraverso l'illimitata ingegnosità umana. E voi potreste decidere di inviare a quel
geniale investitore di Thiel tutti i vostri soldi, aspettando con impazienza la quotazione ufficiale
dell'inarrestabile Facebook.

O, in alternativa, potreste riflettere e rifiutare di essere parte di questo ben foraggiato programma, volto
a creare un'arida repubblica virtuale, dove voi stessi e le vostre relazioni con gli amici siete convertiti in
merce da vendere ai colossi multinazionali. Potreste decidere di non essere parte di questa Opa contro il
mondo.

Per quanto mi riguarda, rifuggirò Facebook, rimarrò scollegato il più possibile, e trascorrerò il tempo che
ho risparmiato non andando su Facebook facendo qualcosa di utile, come leggere un libro. Perché
sprecare il mio tempo su Facebook quando non ho ancora letto l'Endimione di Keats? Quando devo piantare
semi nel mio orto? Non voglio rifuggire la natura, anzi, mi ci voglio ricollegare. Al diavolo l'aria
condizionata! E se avessi voglia di mettermi in contatto con la gente intorno a me, tornerei a usare
un'antica tecnologia. È gratis, è facile da usare e ti permette un'esperienza di condivisione di informazioni
senza pari: è la parola.

L'informativa sulla privacy di Facebook
Per farvi quattro risate, provate a sostituire le parole "Grande Fratello" dove compare la parola

"Facebook":

1. Ti recapiteremo pubblicità: «L'uso di Facebook ti dà la possibilità di stabilire un tuo profilo

personale, instaurare relazioni, mandare messaggi, fare ricerche e domande, formare gruppi,

organizzare eventi, aggiungere applicazioni e trasmettere informazioni attraverso vari canali. Noi
raccogliamo queste informazioni al fine di poterti fornire servizi personalizzati».

2. Non puoi cancellare niente: «Quando aggiorni le informazioni, noi facciamo una copia di backup
della versione precedente dei tuoi dati, e la conserviamo per un periodo di tempo ragionevole per
permetterti di ritornare alla versione precedente».

3. Tutti possono dare un'occhiata alle tue intime confessioni: « [...] e non possiamo garantire - e non
lo garantiamo - che i contenuti da te postati sul sito non siano visionati da persone non

autorizzate. Non siamo responsabili dell'elusione di preferenze sulla privacy o di misure di

sicurezza contenute nel sito. Sii al corrente del fatto che, anche dopo la cancellazione, copie dei

contenuti da te forniti potrebbero rimanere visibili in pagine d'archivio e di memoria cache e

anche da altri utenti che li abbiano copiati e messi da parte nel proprio pc».

4. Il tuo profilo di marketing fatto da noi sarà imbattibile: «Facebook potrebbe inoltre raccogliere

informazioni su di te da altre fonti, come giornali, blog, servizi di instant messaging, e altri utenti

di Facebook attraverso le operazioni del servizio che forniamo (ad esempio, le photo tag) al fine di
fornirti informazioni più utili e un'esperienza più personalizzata».

5. Scegliere di non ricevere più notifiche non significa non ricevere più notifiche: «Facebook si

riserva il diritto di mandarti notifiche circa il tuo account anche se hai scelto di non ricevere più

notifiche via mail».

6. La Cia potrebbe dare un'occhiata alla tua roba quando ne ha voglia: «Scegliendo di usare

Facebook, dai il consenso al trasferimento e al trattamento dei tuoi dati personali negli Stati Uniti
[...] Ci potrebbe venir richiesto di rivelare i tuoi dati in seguito a richieste legali, come citazioni in
giudizio od ordini da parte di un tribunale, o in ottemperanza di leggi in vigore. In ogni caso non
riveliamo queste informazioni finché non abbiamo una buona fiducia e convinzione che la richiesta
di informazioni da parte delle forze dell'ordine o da parte dell'attore della lite soddisfi le norme in
vigore. Potremmo altresì condividere account o altre informazioni quando lo riteniamo necessario
per osservare gli obblighi di legge, al fine di proteggere i nostri interessi e le nostre proprietà, al
fine di scongiurare truffe o altre attività illegali perpetrate per mezzo di Facebook o usando il
nome di Facebook, o per scongiurare imminenti lesioni personali. Ciò potrebbe implicare la
condivisione di informazioni con altre aziende, legali, agenti o agenzie governative»

*Nota del Redattore: nella versione originale l'articolo è preceduto dalla seguente rettifica: "La rettifica
che segue è stata stampata nella sezione Rettifiche e chiarimenti del Guardian, mercoledì 16 gennaio
2008. L'entusiasmo della comunità dei servizi segreti statunitensi per il rinnovamento hi-tech dopo l'Undici
Settembre e la creazione dell'In-Q-Tel, il suo fondo di venture capital, nel 1999, sono stati
anacronisticamente correlati nell'articolo qui sotto. Dal momento che l'attentato alle Torri Gemelle
avvenne nel 2001, non può essere stato ciò che ha portato alla fondazione dell'In-Q-Tel due anni prima."



NOTE DEL TRADUTTORE

[1] Con il termine inglese opt-out (in cui opt è l'abbreviazione di option, opzione) ci si riferisce ad un
concetto della comunicazione commerciale diretta (direct marketing), secondo cui il destinatario della
comunicazione commerciale non desiderata ha la possibilità di opporsi ad ulteriori invii per il futuro.

(fonte: Wikipedia)

[2] Si definisce opt-in il concetto inverso, ovvero la comunicazione commerciale può essere indirizzata
soltanto a chi abbia preventivamente manifestato il consenso a riceverla. (fonte: Wikipedia)
Tom Hodgkinson è uno scrittore britannico. Ha collaborato con testate quali The Sunday Telegraph, The
Guardian e The Sunday Times ed è direttore della rivista The Idler. Hodgkinson è autore di due libri: How
To Be Idle (L'ozio come stile di vita, Rizzoli, 2005) e How To Be Free (La libertà come stile di vita, Rizzoli,
2007).

Titolo originale: "With friends like these..." – Fonte: http://www.guardian.co.uk - Link: 14.01.2008

Scelto e tradotto da PAOLO YOGURT


COME CANCELLARSI DA FACEBOOK

"Tanti pensano che basta andare su Impostazioni _ Disattiva Account......nonononono!!!!!!!... in questo
modo il tuo account è stato disattivato... ma i tuoi dati personali, foto, contatti, informazioni, amici
rimangono salvati PER SEMPRE...".

ISTRUZIONI PER CANCELLARSI DA FACEBOOK IN 7 SEMPLICI MOSSE:

1. create o usate una casella di mail fittizia;

2. cancellare tutti i vostri indirizzi mail che avete messo su fb, tranne quello principale;

3. disattivate il vostro account (impostazioni _ disattiva account);

4. registratevi di nuovo (=create un nuovo account) su fb utilizzando però la mail fittizia;

5. accedete al nuovo account;

6. inserite il vecchio indirizzo principale come nuovo indirizzo di contatto;

7. attendete la mail di fb e confermare il tutto.

Con queste semplici mosse avrete finalmente eliminato le vostre informazioni personali...sostituendo
l'account precedente con uno completamente vuoto.

P.S.: se sei un perfezionista puoi andare oltre: fatto tutto quanto detto sopra sostituisci nuovamente il
contatto principale con quello fittizio usato per creare l'account e rimuovi quello originale dalla lista...e
poi chiedi la disattivazione dell'account...

In altre parole... per chi non avesse capito quanto ho riportato sopra: si deve cancellare ogni proprio
indirizzo email sull'account di faceBook (nelle impostazioni del profilo) che non sia quello di contatto che
va lasciato lì. Si disattiva l'account di facebook, ci si registra nuovamente con un nuovo indirizzo email, si
accede con il nuovo utente e si aggiunge (sempre nelle impostazioni del profilo) come indirizzo email di
contatto quello originario, poi si dovrà cliccare sul link di conferma ricevuto via email per cancellare tutto.

mercoledì 31 marzo 2010

LIBERALI E POPULISTI FALLISCONO CONTRO LE DESTRE. SOLO LA CLASSE OPERAIA PUO’ BATTERE BERLUSCONI E COSTRUIRE UNA ALTERNATIVA VERA.

Un risultato elettorale di rafforzamento politico della coalizione di governo nel pieno di un’enorme crisi sociale- caso unico in Europa- misura il fallimento delle opposizioni liberali e delle sinistre ad esse subalterne.
In assenza di una vera opposizione e mobilitazione di classe, le difficoltà del berlusconismo al Nord sono state capitalizzate a destra da un avanzata della Lega xenofoba che conquista il Piemonte e allarga i suoi avamposti in Centro Italia; parallelamente la catastrofe annunciata dei principali governi borghesi di malaffare del centrosinistra a Sud ( Campania e Calabria)- purtroppo sostenuti da tutte le sinistre- ha aperto la strada alla rivincita berlusconiana nel Mezzogiorno. L’eccezione della Puglia è essenzialmente determinata dalla divisione interna al campo del Centrodestra. Mentre la crescente astensione operaia e popolare, su entrambi i versanti, esprime l’irriconoscibilità dei due poli borghesi agli occhi di ampi settori sociali.
Gli stessi stati maggiori del Centrosinistra, che due anni fa col disastro del proprio governo ( antioperaio) regalarono l’Italia a Berlusconi, oggi tengono in sella Berlusconi col disastro della propria opposizione. La miscela di un’opposizione liberale che ammicca a Confindustria, di un populismo giustizialista che fa il megafono della Magistratura, di sinistre parolaie subalterne ad entrambi (per fame di assessori), non sposta i rapporti di forza con la destra reazionaria: mobilita l’opinione democratica e ampie fasce di popolo della sinistra, ma non gli strati più profondi della classe operaia, delle masse sfruttate, delle loro ragioni sociali. Privandole di un riferimento indipendente e di un programma di lotta riconoscibile.
Solo una lotta di massa e radicale della classe operaia contro il Governo e il padronato, su un proprio programma unificante, può unire le ragioni sociali e democratiche, incrinare il blocco sociale delle destre, aprire la via di un’alternativa vera. Solo l’unità d’azione delle sinistre politiche e sindacali, attorno ad un polo di classe indipendente, alternativo a centrodestra e centrosinistra, può lavorare a questa svolta.
Il PCL che - escluso da una legge elettorale truffa- si è schierato ovunque e sempre contro i due poli, si batterà per questa svolta di autonomia, unità, radicalità del movimento operaio e di tutti i movimenti di lotta.

MARCO FERRANDO- PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI (PCL)